CHI SONO

BLOG

CONTATTI

Houston, abbiamo un problema (di scrittura)

Sempre più gente non sa scrivere, anche i pensieri più semplici. Eppure la scrittura, con la lettura, è una delle chiavi per essere liberi.
Pubblicato il 27 Settembre 2022

Scrivere bene non è per tutti. La scrittura si esercita, si ama, si coltiva, in primis con la lettura. Essendo un paese storicamente poco avvezzo al perdere tempo con i libri, fa sempre strano ascoltare l’iperbole che ci sia un sacco di gente che di scrittura vorrebbe campare, più di quanti leggano.

E senza leggere come si fa a scrivere bene?

Però ecco: la scrittura, di base, è un talento che non possiamo che definire igienico. Devi averla, ma non tanto per curare una sorta di vocazione all’arte, quanto perché senza avrai più difficoltà a capire cosa stai osservando, cosa ti capita, cosa c’è attorno. Perciò anche se non leggi tanto, e il tuo obiettivo non è diventare il nuovo Philip Roth, il fatto che si sappia mettere in fila due pensieri, si sappia descrivere cosa si è osservato o mettere su carta/file un processo di cui si è a conoscenza, dovrebbe essere fatto abbastanza semplice.

O no?

A cosa serve la scrittura

Scrivere è la capacità di mettere sotto forma di significante un significato. Equivale a dominare attraverso un gesto (la scrittura appunto) la nostra vita e ciò che le sta attorno.

In un post che mi è capitato di leggere qualche tempo fa sul blog di Piero Babudro, si cita uno studio che spiega come scrivere anche solo venti minuti al giorno, per quattro giorni consecutivi, riflettendo su qualcosa che ci ha colpito in negativo possa aiutare a mettere a fuoco l’avvenimento, far emergere le proprie emozioni, digerirle e farcene una ragione fino a trovare il benessere.

Un processo di sedimentazione utilissimo (in caso di eventi particolarmente traumatici) e che ci evidenzia come la scrittura (non a caso un’azione assimilata nell’immaginario comune al raccontare) sia prima di tutto una forma di difesa per noi, uno strumento che l’uomo ha elaborato non solo per comunicare ma anche per darsi una via d’uscita da ciò che può fargli male.

Scrivere è bello, utile, e terapeutico talvolta.

Eppure…

Non ci sono più gli scritti di una volta

Era il 2002 quando dando un esame all’università, uno degli uomini più intelligenti che abbia mai conosciuto, il professor Peppino Ortoleva, leggendo gli elaborati del suo esame sottolineò a me e ad altri studenti come stessimo progressivamente disimparando a scrivere.

Mi colpì particolarmente, perché allora come oggi amavo la scrittura e la consideravo una parte irrinunciabile del mio essere. Amavo scrivere, e anche se non sospettavo ancora potesse diventare un lavoro (o una parte di) sapevo che sarebbe stata una di quelle cose che avrei voluto curare con attenzione e rispetto.

Non mi ritengo particolarmente bravo a farlo, però alla fine un po’ per fortuna un po’ per circostanze favorevoli in effetti grazie con la scrittura ho cominciato anche a lavorare.

Anche per questo negli ultimi anni ho corretto tantissimi testi, in tanti contesti diversi. Scritti per lavoro o per diletto, in contesti editoriali o didattici, mi sono passati per le mani elaborati di professionisti over 50 e di studenti dell’università, di persone laureate e laureande, gente da decine di migliaia di euro di RAL all’anno e talenti emergenti di settori diversi.

Forte di questa esperienza posso dire con certezza che sì, si scrive sempre peggio.

La cosa mi lascia senza parole.

Ci sono studenti ormai pronti al mondo del lavoro non in grado di articolare un pensiero scritto su cose che riferiscono di conoscere.

Non riescono a descrivere un’attività, un pensiero, un flusso operativo, senza perdersi in incisi o deviazioni, maltrattando grammatica e sintassi, riempiendo di refusi e ripetizioni testi di una banalità concettuale imbarazzante.

La cosa più inquietante è che testi di livello infimo che mi sono capitati sotto mano sono stati scritti da figure che teoricamente (e a livello formativo) avrebbero dovuto avere una formazione dedicata e specifica. Persone magari che hanno avuto accesso a certi circoli esclusivi e sembrano non essere in possesso dei requisiti minimi per proporre i propri lavori non solo a livello professionale, ma scolastico.

Ora: sono solo un modesto artigiano della scrittura, e il mio giudizio conta fino a un certo punto. C’è però una sensazione diffusa, data anche da un contatto diretto con il mondo della scuola (dove mi è capitato di passare nei mesi scorsi) che si stia progressivamente perdendo non solo il piacere di scrivere, ma anche la capacità di farlo.

Non starò qui a inserire dati e report a conferma della mia tesi, anche perché la mia è la riflessione più che di un professionista che osserva un fenomeno, di un appassionato disilluso. Però questo senso di dispersione di un qualcosa che dovrebbe essere protetto, coltivato, non tanto per un mero desiderio d’espressione quanto per garantirsi un’ancora di salvezza, mi lascia basito.

Non so se voi avete la stessa sensazione. Se vi va, scrivetelo (così almeno continueremo insieme a esercitare questa meravigliosa capacità).

Foto di Gianni Crestani da Pixabay 


Lo sai che oggi faccio anche il Consulente di #BrandRegenerationContattami per parlarne 🙂

LEGGI ANCHE

Le mie storie infinite

Le mie storie infinite

Arriva in libreria il 31 marzo “Le storie infinite – Comunicazione e racconto nell’era digitale”, il mio ultimo libro.

leggi tutto
In viaggio con le storie

In viaggio con le storie

Una bella lezione svolta da docente all’OBE mi ha spinto a riflettere un po’ sul ruolo delle storie (anche nel mio viaggio personale).

leggi tutto

Pin It on Pinterest