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LA PIÙ BELLA STORIA CHE ABBIA MAI ASCOLTATO

Il 23 ottobre di 25 anni fa usciva Mellon Collie and Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins.
Pubblicato il 23 Ottobre 2020

Il 23 ottobre del 1995 la mia vita è cambiata. Perché ci sono dei particolari, nella storia di ognuno, che segnano la propria formazione, i propri sogni, le idee che si formano: sono piccoli frammenti che compongono il percorso di ognuno. In questo caso, parlo di un disco.

25 anni fa, infatti, usciva Mellon Collie and Infinite Sadness, il più bel disco che abbia mai ascoltato. Sono un consumatore compulsivo di musica, e sono fortunato nel dire che ogni periodo della mia vita sia accompagnato da un sottofondo musicale di genere diverso. Ciò non toglie che ci siano canzoni e dischi che spicchino sopra gli altri.

Tutta la produzione degli Smashing Pumpkins fa parte di questo gruppo ristretto, ma quel disco sta sopra anche gli altri album che mi hanno ispirato (e che ancora lo fanno), penso in particolare a Gish, Siamese Dream, Pisces Iscariot, Adore, Machina/The Machine of God, sempre per rimanere in ambito di zucche.

Questo post è diviso in due: ci sono i motivi intimi e professionali per cui ritengo Mellon Collie and Infinite Sadness una pietra miliare del mio percorso di vita. Due anime indivisibili che -come cerco di spiegare insieme ad Andrea in New Personal Storytelling– fanno parte di una buona narrazione del Sè.

La storia di ogni ragazzo di fine ‘900

La fine del millennio per chi è nato come me negli anni ’80 è stata caratterizzata da una generale sensazione di fine. Fine della Guerra Fredda, fine del Secolo Breve, fine della Cortina di Ferro e delle ideologie, fine del generale clima di incerta certezza.
Il digitale non era più solo l’idea di qualche militare, era qualcosa che cominciava a palesarsi davanti a noi che c’eravamo, con la meraviglia che sembrava significare avere un computer che si collega a un altro e ti permette di socializzare. E poi c’erano i primissimi telefonini, la TV via satellite che portava in anteprima i film del cinema nelle case di tutti. C’era il fantasma del Millenium Bug. Anche se eravamo alla Fine della Storia, chi in quegli anni viveva il suo periodo di formazione si sentiva all’inizio di tutto. Ed era strano, perché attorno c’erano solo macerie e bolle.

Fra chi cominciava ad andare alle superiori nel 1995, c’era anche la sensazione che a finire fosse anche la musica. Il Grunge, con la sua forma ibrida derivata da stili e mondi completamente diversi fra loro, sembrava il frutto del disorientamento di chi non aveva più non solo riferimenti ideali, ma anche ambientali.

È in questo scenario che arrivano non da Seattle, ma da Chicago, gli Smashing Pumpkins. Pur accorpati forse erroneamente al genere nato dal movimento della capitale dello stato di Washington, le zucche fanno parte di quella categoria di artisti che non sanno inserirsi perfettamente in una categoria. La loro è una carriera iniziata da metà degli anni ’80, dichiaratamente con ispirazione all’heavy metal più classico e duro (i Black Sabbath) nel primo album uscito nel 1991, Gish, e che nel 1993 stupisce per maturità con Siamese Dream.

Il progetto di Mellon Collie and Infinite Sadness però è diverso. Parliamo di un doppio disco, intanto: un qualcosa che era stato osato da pochissimi, prima, nel panorama rock. Il più famoso doppio album uscito in tempi non sospetti era The Wall dei Pink Floyd, nel 1979, e stiamo comunque parlando di un’opera non solo musicale ma di narrazione transmediale incredibile per complessità, visione, e ovviamente sonorità.

C’è poi una maturazione dal punto di vista autoriale nella scrittura di questo disco: Billy Corgan, quando scrive Mellon Collie and Infinite Sadness, lavora a un concept album generazionale che, partendo dalla metafora della giornata (giorno, e notte: due dischi, Dawn to Dusk e Twilight to Starlight) fotografi l’esperienza di vita di uno qualsiasi di noi che in quegli anni vivevamo. Noi che ci innamoravamo, passavamo il tempo a considerare il tempo come una commodity a nostra disposizione, ci interrogavamo su dove sarebbe andata la musica (musica che magari provavamo anche materialmente a fare, chi meglio chi peggio), fotografando sogni che a volte coincidevano con una serata, a volte con un lavoro, a volte ancora con un destino che era tutto fuorché uguale a quello di chi ci aveva preceduto. E poi, sempre per rimanere in ambito musicale, c’è il passo avanti dal punto di vista musicale, con una scelta di sonorità, arrangiamenti e scelte stilistiche che -ad oggi- suonano ancora senza tempo perché incredibilmente precorritrici rispetto a quanto fatto prima, e forse anche a quanto è successo dopo.

Io che in quegli anni stavo cominciando a crescere, è ovvio che in quel disco abbia messo radici. Mi rispecchiavo nella malinconia di quei brani, nella rabbia del sapere che il mondo che arrivava non sarebbe stato giusto come quello che i miei nonni avevano costruito, e anche nella speranza disperata che ci sia sempre un’alba anche dopo la notte più dolce e terribile, perché finita. Billy Corgan è riuscito a darmi voce, a me che voce non avevo ancora.

Frammenti dal concerto degli Smashing Pumpkins a Bologna. 18 ottobre 2018.

Da allora, pur avendo ascoltato veramente tantissima musica che ho amato, Mellon Collie and infinite Sadness è rimasto un unicum. Qualcosa di inavvicinabile, per perfezione, sonorità, per sensazioni che ancora mi riesce a farmi percepire. La cosa che più si avvicina alla madeleine di Proust. Ascoltarlo oggi significa rivivere quegli anni, risentirmi ragazzo come allora. Riscoprire quelle paure, ma anche l’energia che mi muoveva in quegli anni. Rinnovarmi, come solo un ragazzo sa fare. Riscoprirmi autore della mia storia, come lo ero allora. Non è un qualcosa di scontato.

Mellon Collie and Infinite Sadness, visto con gli occhi di oggi

Oggi ho quasi 40 anni (l’anno prossimo), e tanta acqua è passata sotto il ponte della mia vita. Al di là dell’evocazione più intima che la musica può generare, è chiaro che tutto sia rimodulato nel filtro del percepito che ognuno di noi, con l’età adulta, si scopre ad applicare. Eppure… Eppure qualcosa di completamente uguale ad allora, quando questo disco fu pubblicato, è rimasto identico.

Perché Mellon Collie and Infinite Sadness, prima di essere un album, prima di essere un capolavoro rock, prima anche di essere il mio album preferito, è una storia. Una storia perfetta, perché attorno a una struttura portante -i brani- è diventato una piattaforma narrativa attorno cui si è sviluppata oggi una community, noi che c’eravamo.

Noi che abbiamo visto addirittura gli Smashing Pumpkins suonare all’ “Homerpalooza” (chiaramente una caricatura del più famoso Lollapalooza) e che abbiamo potuto apprezzare come attorno a quel disco sia nata una narrazione estesa e mitologica, la cui coda lunga è oggi riscontrabile non solo nel merchandising ufficiale o nei videoclip ufficiali, ma soprattutto nel segno tangibile che questa ha saputo lasciare.

Mellon Collie and Infinite Sadness è l’esempio di cosa significhi essere una piattaforma narrativa ben riuscita. Ma al di là di farla diventare un benchmark (mi si perdoni, ma qui parliamo di qualcosa di puro, di intoccabile, che non può essere avvicinata alla figura del banale case study), c’è l’aspetto ispirazionale che conta.

La storia che in quel disco è stata raccontata è rimasta, segnando profondamente chi l’ha amata. Un effetto che oggi inseguiamo tutti noi che le storie le amiamo, le cerchiamo, le studiamo, a volte le realizziamo. Se penso a cosa mi piacerebbe raggiungere con un progetto cui lavoro, con un mio libro, con un mio articolo, ecco, il risultato è quello lì: qualcosa che sappia ispirare tanto a lungo da essere memorabile anche oltre gli anni, rimanendo sempre uguale a quando lo scopri la prima volta.

Billy Corgan non lo sa, ma la storia che mi ha (e ci ha) raccontato con quelle sue 28 canzoni ogni giorno me la ripeto dentro, come un mantra, conscio che quel ragazzo che si muove in quella giornata è ancora vivo, è ancora qui, e come allora mi parla. Ricordo che la prima volta che lo vidi nel 2000, il 29 settembre all’allora Palavobis di Milano (qualcuno vende pure il biglietto su eBay, tanto fu mitologica quella data), pensai di scrivere un biglietto per tirarlo sul palco a Billy Corgan, e dirgli che quella era la più bella storia che avrei mai potuto ascoltare.

Non l’ho fatto allora, ma oggi, a venticinque anni di distanza dalla sua pubblicazione, non posso esimermi da lasciarlo scritto da qualche parte. Lo faccio qui, perché d’altronde noi siamo ciò che siamo grazie a tutte le esperienze che facciamo nella vita. E se oggi posso stare qui, a scrivere su un blog e raccontare le cose come le vedo, contando su qualcuno che arrivi e mi legga perché mi reputa meritevole di attenzione, e se ho scritto qualche libro, o faccio corsi, allora il merito è anche di questo disco, che altro non è che la più bella storia che abbia mai ascoltato.

Buon compleanno, Mellon Collie and Infinite Sadness.

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