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SECONDO ATTO: PAROLA CHIAVE CASUALITÀ

Il caso non è così brutto: soprattutto se ci abitua ad apprezzare la varietà del mondo.
Pubblicato il 8 Gennaio 2021

Osservando le scene al Campidoglio dell’Epifania ho avuto una specie di… Epifania, e riguarda la casualità di ciò che facciamo, di come ormai abbiamo perso il senso del caso.

Mi spiego meglio, che messa così sembra una roba da pazzi.

Tutto parte da questo: mentre guardavate quei ceffi che entravano nel Parlamento americano, spaccando tutto e inneggiando a Trump, cosa avete pensato?

Probabilmente o che fossero dei brutti ceffi, appunto, oppure che avevano ragione. Certamente, non siete riusciti a guardare la cosa senza provare una qualche pulsione a vedere le sfumature, in un senso o nell’altro (esempio: “Sono dei brutti ceffi, MA saranno anche senza lavoro” oppure “Certo, hanno ragione, MA potrebbero essere un po’ più pacati”).

La cosa più evidente era che anche loro erano lì convinti della loro idea fatta di assoluti, a prescindere dal fatto che questa fosse basata sostanzialmente su bias cognitivi (io ne ho riscontrati almeno tre riguardanti convinzione, conferma e congruenza delle idee che si sviluppano, ma potrebbero essere molto di più): ed è una roba che ormai la fa da padrona, ragionare per presupposti monolitici e indiscutibili (anche se, come non manco mai di ripetermi, come dice Obi Wan Kenobi “Soltanto un Sith vive di assoluti“).

Voi direte: essai che novità, la filter bubble, la percezione e le fake news, tutta quella roba che si costruisce attraverso i siti distributori di bufale e i social usati male. Certo, tutto giusto: ma facciamo un passo oltre, e guardiamo più in alto.

Perché le persone ragionano così?

Passa tutto secondo me dall’abitudine che da questa parte della barricata (dove per “questa” metto quella di chi pensa ogni momento del proprio lavoro a come “deliziare di esperienze” il proprio cliente) si ha di ragionare per customer centricity.

Mi spiego: giusto che il cliente sia il centro di tutto, gradevole che l’esperienza si profili su di lui/lei in maniera totalmente immersiva. Ma più una roba si profila, più abitua le persone a non avere il piacere di scoprire la diversità.

Se io continuo ad avere quello che mi piace sempre in ogni canale che userò, se mi abituo ad avere call to action che siano solo per me, allora verrà meno anche il concetto di casualità, che per definizione prevede cose che mi possano piacere e cose che non fanno per me.

Casualità e volontà del Dato

Io non credo nel caso. Io credo alla Volontà di Dio“.

Ne “Il Divo“, Toni Servillo cita una frase molto nota di Andreotti che per certi versi è calata perfettamente su ciò che stiamo vivendo. Il “dato”, infatti, è quello che più si avvicina a un’entità divina per chi deve leggere l’esistente oggi, soprattutto attraverso le macchine.

Non è un caso che la data analysis, la comprensione del software, il modo di relazionarsi con le macchine siano temi anche filosofici (e se volete approfondire, vi consiglio di seguire Cosimo Accoto): più si avvicina l’epoca delle macchine coscienti, più dovremo capire che quella volontà “divina”, in un certo senso”, prenderà corpo in oggetti che abbiamo creato noi.

Perché se il dato guida i comportamenti allora sviluppa una direzione per le persone che trasfigura il valore del casuale. Là dove ci sarà contaminazione digitale, la casualità perderà peso, lasciando spazio a un libertà obbligatoria di cui parlava Gaber (tipo qui lo fa molto bene), in cui ci sarà un senso fittizio di poter fare ciò che si crede… E in realtà si è indirizzati in base ai propri gusti.

Tutto questo cosa c’entra con il Campidoglio da cui sono partiti? Semplice.

La persona che si abitua a ricevere ciò che la aggrada, che la fa sentire bene, che la affascina, è una persona che non riesce più a concepire la diversità. Questo crea delle barriere polarizzate, che non possono che condurre a un distaccamento dai valori di comune civiltà che l’epoca post-guerra mondiale ci ha lasciato.

D’altronde, se io sono abituato ad avere ciò che mi piace, allora non accetterò quando le cose non andranno come non voglio. Potrei anche diventare violento, se ciò che osservo non lo capisco… E non capendolo comincerò a detestarlo.

La casualità è bella per questo. Perché ti permette di scoprire qualcosa di nuovo, di imprevisto, che magari non hai mai provato e che poi si rivela assolutamente piacevole. Ci sarebbero migliaia di esempi da fare, al proposito.

Questo video secondo me incarna perfettamente la bellezza della casualità.

Il dato invece ricerca la regolarità, il prevedibile. Cerca di normare il futuro incrociando fattori passati. Un gesto quasi divino.

Noi però non siamo fatti per essere in grado di prevedere ciò che ci attende. Siamo fatti per stupirci, non per assuefarci. Non è un caso che quando ci abituiamo a qualcosa che ci fa star bene, cominciamo a volerne di più, prima che subentri la noia.

A forza di avere ciò che fa per noi, ci stiamo abituando a pensare che tutto sia eterno, dovuto e che in definitiva il mondo sia profilabile…. E in molti cominciano a incazzarsi quando capiscono che non può essere sempre così.

Non propriamente una strada di qualità.

Ecco allora che in questo 2021 vorrei che oltre alla lentezza nella mia vita cominci a far capolino più casualità. In ciò che cerco online, in ciò che mi ritrovo a leggere, magari anche in quello che compro. Ascoltare cose senza motivo, lasciandosi trasportare veramente dall’imprevedibile e non dall’algoritmo.

Lasciarsi guidare dall’ineluttabilità del caos. Lentamente, senza fretta, assaporando ogni minuto. Una logica radiofonica, quasi, in cui sei libero di lasciare in sottofondo anche la voce di quello speaker che ti sta simpatico così così.

Ho letto che Bottega Veneta lascia i social. Lo prendo come un segno dei tempi che viviamo, insieme ad esempio alla crescita di piattaforme come OnlyFans o Patreon. Più attenzione alla privacy, spazi di valore generati dalla creatività, scelta consapevole e frutto di un altissimo engagement: il futuro sarà un lento ritorno alla capacità di scegliere senza influenze, anche perché l’alternativa è una polarizzazione sempre più distruttiva, per il singolo e la società.

Ne sono convinto.

Casualità e consapevolezza che si sposano, lasciando che sia l’istinto a guidare. E poi se una cosa mi piace, la compro, sia essa il contenuto di un/una tiktoker o una ricetta di cucina.

Se leggo una notizia, non ho subito l’algoritmo che mi propone una roba simile che non fa che corroborare ciò che ho appena letto: semmai, vado ad approfondire.

La casualità è ciò che ci permette di sviluppare la curiosità, e ci obbliga a prestare attenzione. Non ci fa assuefare alle cose. E rende il mondo imprevedibile.

Ecco, secondo me le persone dovrebbero tornare a una lenta casualità. E pazienza se saremo meno “deliziati”.

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